Nuristan, Afghanistan, prima metà XX sec
Le prime descrizioni di questo particolare tipo di arpa (waj), risalgono al 1948, quando l’antropologo danese Lennart Edelberg si trovava a Waigal per le sue ricerche sul campo e, visitando i villaggi di Wama e Pashki, aveva visto alcuni ragazzi suonare questo strumento aiutandosi con un plettro.
Un tempo diffusa nell’intera regione del Gandhāra, questa tipologia di arpa si è diffusa nelle società Waigal e Ashkun, e la sua forma particolare ricorda gli strumenti sumeri rinvenuti nelle sepolture della Mesopotamia. Parte della collezione nuristana del MAET, lo strumento è costituito da una cassa di risonanza in legno rivestita superiormente con del cuoio, tirato come nei tamburi, e su di essa è inserito, tramite due fori, un bastone ricurvo che funge da supporto per le corde. Queste ultime sono, da un lato, inserite in fori praticati in un incavo del bastone ricurvo, dall’altro sono arrotolate intorno al sostegno e fissate ad altezze diverse grazie alla presenza di incisioni. Sono infatti visibili i segni più chiari lasciati dalle corde sul legno. Anche se, ad oggi, sono presenti soltanto quattro corde, dai segni osservati si può ipotizzare che in origine ve ne fossero cinque: la quinta non era inserita in un foro all’estremità, ma era probabilmente arrotolata intorno alla scanalatura presente nella zona terminale del supporto ricurvo.
Questo oggetto è stato scelto e descritto da Stefano Porretti, studente del Corso di Laurea in Antropologia Culturale ed Etnologia, che, durante il suo tirocinio in Museo, si è occupato del riordino e della catalogazione del corpus di oggetti provenienti dal Nuristan e, in generale, dall’Asia meridionale.